Ugo Nespolo, nato a Mosso Santa Maria (Biella) nel 1941, si è diplomato all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino ed è laureato in Lettere Moderne. I suoi esordi nel panorama artistico italiano risalgono agli anni Sessanta, alla Pop Art, ai futuri concettuali e poveristi (mostre alla Galleria Il Punto di Remo Pastori, a Torino, e alla Galleria Schwarz di Milano). Mai legata in maniera assoluta ad un filone, la sua produzione si caratterizza subito per un’accentuata impronta ironica, trasgressiva, per un personale senso del divertimento che rappresenterà sempre una sorta di marchio di fabbrica. Negli anni Settanta Nespolo si appropria di un secondo mezzo di espressione, il cinema: in particolare quello sperimentale, d’artista. Gli attori sono artisti amici, da Lucio Fontana a Enrico Baj, a Michelangelo Pistoletto. Ai suoi film hanno dedicato ampie rassegne istituzioni culturali come il Centre Georges Pompidou di Parigi, il Philadelphia Museum of Modern Art, la Filmoteka Polska di Varsavia, la Galleria Civica d’Arte Moderna di Ferrara, il Museo Nazionale del Cinema di Torino. Gli anni Settanta rappresentano per Nespolo un passaggio fondamentale: vince il premio Bolaffi (1974), realizza Il Museo (1975-’76), quadro di dieci metri di lunghezza che segna l’inizio di una vena mai esaurita di rilettura-scomposizione-reinvenzione dell’arte altrui. L’opera viene esposta per la prima volta nel 1976 al Museo Progressivo d’Arte Contemporanea di Livorno. Negli anni Settanta inizia anche la sperimentazione con tecniche (ricamo, intarsio) e materiali inconsueti (alabastro, ebano, madreperla, avorio, porcellana, argento). Nasce L’albero dei cappelli, poi prodotto in serie come elemento d’arredo. Gli anni Ottanta rappresentano il cuore del “periodo americano”: Ugo Nespolo trascorre parte dell’anno negli States e le strade, le vetrine, i venditori di hamburger di New York diventano i protagonisti dei suoi quadri. In questi anni si accumulano anche le esperienze nel settore dell’arte applicata: Nespolo è fedele al dettato delle avanguardie storiche di “portare l’arte nella vita” ed è convinto che l’artista contemporaneo debba varcare i confini dello specifico assegnato dai luoghi comuni tardoromantici. Lo testimoniano i circa 50 manifesti realizzati per esposizioni ed avvenimenti vari (tra gli altri, Azzurra, il Salone Internazionale dell’Auto di Torino, la Federazione Nazionale della Vela), il calendario Rai dell’86, le scenografie per l’allestimento americano (Stamford) della Turandot di Busoni, le videosigle Rai (come Indietro Tutta con Renzo Arbore). Nell’86 Genova festeggia i vent’anni di attività artistica di Nespolo con la mostra antologica di Villa Croce La Bella Insofferenza.
Nel ‘90 il Comune di Milano gli dedica una mostra a Palazzo Reale. Dello stesso anno sono prestigiose collaborazioni artistiche come la campagna pubblicitaria per la Campari, le scenografie e i costumi del Don Chisciotte di Paisiello per il Teatro dell’Opera di Roma ed una esposizione di ceramiche - il nuovo interesse di Nespolo - nell’ambito della Biennale Internazionale della Ceramica e dell’Antiquariato al Palazzo delle Esposizioni di Faenza. Nel ‘91 partecipa in Giappone all’International Ceramic Festival, Ceramic World Shigaraki. L’anno successivo la Galleria Borghi & C. di New York ospita A Fine Intolerance, personale di dipinti e ceramiche.
Del ‘94 è una mostra di opere a soggetto cinematografico promossa alla Tour Fromage dalla Regione Valle d’Aosta. L’anno seguente Nespolo realizza scene e costumi per l’Elisir d’Amore di Donizetti per il Teatro dell’Opera di Roma, itinerante all’Opera di Parigi, Losanna, Liegi e Metz. Sempre del ‘95 sono l’antologica Casa d’Arte Nespolo al Palazzo della Permanente di Milano e la personale Pictura si instalatu di Bucarest a cura del Ministero alla Cultura romeno. Nel ‘96 la personale Le Stanze dell’Arte alla Promotrice delle Belle Arti di Torino, viene organizzata dalla Regione Piemonte. Ancora nel ’96 Ugo Nespolo assume la direzione artistica della Richard-Ginori. Nel 1997 il Museum of Fine Arts di La Valletta, Malta, gli dedica una personale. Nello stesso anno una mostra itinerante in America Latina: Buenos Aires (Museo Nacional de Bellas Artes), Cordoba (Centro de Arte Contemporaneo de Cordoba, Chateau Carreras), Mendoza (Museo Municipal de Arte Moderno de Mendoza) e Montevideo (Museo Nacional de Artes Visuales). Inizia il ’98 con la realizzazione del monumento Lavorare, Lavorare, Lavorare, preferisco il rumore del mare per la città di San Benedetto del Tronto e si avvia la collaborazione con la storica vetreria d’arte Barovier & Toso di Murano per la quale Nespolo crea una serie di opere da esporre a Palazzo Ducale di Venezia per Aperto vetro, (Esposizione Internazionale del Vetro Contemporaneo). Seguono mostre personali di rilievo alla Palazzina Azzurra di San Benedetto del Tronto ed alla XVII Biennale di Arte Contemporanea a cura del Comune di Alatri. Si chiude il 1999 ed inizia il 2000 con Nespolo + Napoli, una mostra antologica che la Municipalità partenopea ospita al Palazzo Reale di Napoli, e con la rassegna Tra paradosso e magia nella Galleria Comunale d’Arte di Cesena e presso Il Vicolo - Interior Design. Per l’Anno Giubilare Nespolo illustra un’edizione dell’Apocalisse (traduzione di Bruno Forte) di alto pregio a tiratura limitata. Nei primi mesi del 2001 torna al cinema con FILM/A/TO, interpretato da Edoardo Sanguineti e prodotto dall’Associazione Museo Nazionale del Cinema di Torino in occasione della retrospettiva “Turin, berceau du cinéma italien” al Centre Pompidou di Parigi. Un prestigioso evento autunnale: Storia di Musei (catalogo Umberto Allemandi) a cura della Galleria Marescalchi di Bologna. Mostra personale a Fukui all’interno della rassegna Italia in Giappone 2001. Nel 2002 Nespolo accetta l’incarico di consulente e coordinatore artistico per il progetto d’integrazione delle opere d’arte contemporanea nelle stazioni della Metropolitana di Torino, in fase di costruzione. Il Parco della Mandria di Venaria Reale ospita presso la Villa dei Laghi alcune sue sculture in ceramica nell’ambito della mostra Scultura internazionale a La Mandria.

 
   
       
 
 
Sergi Barnils è nato il 6 settembre 1954 a Bata, capitale della Guinea Equatoriale. Questo Stato, colonia spagnola fin dal 1859, fra il XIX ed il XX secolo divenne meta di numerosi agricoltori e commercianti in cerca di fortuna. Il padre di Sergi, originario di Sant Cugat del Valles, borgo situato presso Barcellona, vi arrivò verso gli anni ’30 e, dopo essersi sposato con una ragazza spagnola, si trasferì a Bata, dove ebbe il primo figlio. Quando però, nel 1956, il territorio divenne una provincia del Golfo di Guinea, la famiglia Barnils fece ritorno in Catalogna. Sergi Barnils quindi visse a Bata solo per un anno e mezzo, periodo di certo molto breve, ma sufficiente perché l’Africa, coi suoi colori e le sue tradizioni, gli si fissasse, indelebile, nella memoria.
Fin dalla più giovane età, Barnils dimostrò una chiara propensione per il disegno, tanto che i genitori lo iscrissero alla scuola d’arte di Teresa Farrés. In seguito, frequentando il collegio Viarò di Sant Cugat, continuò ad interessarsi assiduamente alle materie di carattere artistico. Qui i professori Cabanach, Figueras e Casademont gli insegnarono a strutturare la figura, a mescolare i colori, a comporre. Incoraggiato dal padre, Barnils portò avanti la propria vocazione pittorica, che ebbe un primo riconoscimento a livello nazionale quando, nel 1966, egli ottenne il premio straordinario all’VIII Concorso Nazionale Giovanile d’Arte di Barcellona, con una gouache. Pochi anni dopo, attratto dalla musica, iniziò a dedicarvisi intensamente: si deve probabilmente anche all’influenza esercitata su di lui da questa forma d’arte se Barnils indirizzò il proprio linguaggio pittorico verso un mutamento radicale, che si tradusse nell’abbandono della fedele rappresentazione della realtà circostante, per arrivare ad abbracciare un’espressione artistica che rendesse visivamente il suo più intimo sentire. Senza dubbio il risultato non poteva ancora dirsi del tutto autonomo dall’influenza delle più importanti correnti dell’arte contemporanea, tuttavia tale svolta segnerà definitivamente, e in modo cruciale, la produzione successiva dell’artista.
In seguito, abbandonata la Facoltà di Giurisprudenza dopo due anni di studi, Sergi Barnils fu inserito nel reparto di ceramica artistica dell’industria paterna. Nel 1975, mentre prendeva lezioni alla Scuola Professionale di Barcellona dalla ceramista Angelina Alòs, si trovò a frequentare lo studio del pittore Nolasc Valls e la Facoltà di Belle Arti di Barcellona: è in questi anni che il colore inizia ad avere un ruolo di fondamentale importanza per il suo fare arte. Dopo la chiusura della fabbrica di ceramica e un iniziale tentativo di aprire un laboratorio in proprio, Barnils prese la decisione di dedicarsi esclusivamente alla pittura. A questa scelta lo portarono alcuni fatti significativi, avvenuti fra gli anni ’80 e ’90: primo fra tutti il legame di amicizia con gli artisti Figueras, Minuesa e Codò, che aprirono uno studio vicino al suo e lo stimolarono al confronto con l’arte; in seguito il viaggio intrapreso nel 1990 a Maiorca, e le successive mostre presso il Centro d’Arte Sa Estaciò, a Sineu (Maiorca).
Fu quindi solo con l’inizio degli anni ’90 che Barnils si dedicò pienamente alla pittura: nel frattempo il suo linguaggio artistico aveva ormai raggiunto la piena maturità e la sua opera, inizialmente influenzata dalle principali correnti contemporanee, quali l’impressionismo o gli informali, si era andata precisando in una forma definitivamente personale. Attraverso un segno geometrico che si stempera nell’utilizzo dei colori, protagonisti assoluti della sua pittura - e senza dubbio anche della sua più recente produzione scultorea -, Barnils è giunto quindi a condensare nelle proprie immagini, sia pure astratte e dense di “graffiti primordiali”, le sue più intime riflessioni sulla condizione umana: dalle sue opere, ma soprattutto dai suoi colori gioiosamente “festanti” si sprigiona così un intenso sentimento di celebrazione della bellezza della vita, in ogni sua forma e divenire.
Attualmente Sergi Barnils vive e lavora a Sant Cugat, nei pressi di Barcellona. Dopo la prima mostra personale, tenutasi alla Galleria Maravia di Tordera (Barcellona) nel 1980, una serie ininterrotta di esposizioni, personali e collettive, ha portato le sue opere nelle più importanti gallerie e musei del paese - a Barcellona, Girona, Maiorca, Zaragoza, Logroño e Madrid - e le ha fatte conoscere ed apprezzare dal pubblico spagnolo. Negli anni ’90 Barnils ha iniziato ad esporre inoltre in Germania - del 1993 è la personale alla Galerie Brauer di Berlino, seguita nel 1996 da quella ad Amburgo, alla Galerie E-96 -, in Austria, dove gli sono state dedicate numerose mostre personali dalla Galerie Am Opernring di Vienna, in Belgio e in Olanda. Molto apprezzate dalla critica e dal pubblico internazionale, le sue opere sono state promosse in Italia e presentate alla Galleria Spirale Arte di Milano nel 1996. Nello stesso anno Barnils ha vinto il Premio Internazionale di Pittura a Tossa de Mar (Girona). Fra le ultime esposizioni, nel 2002, si ricordano le mostre personali a Vienna, alla Galleria Am Opernring, al Palazzo Racani Arroni di Spoleto (La morada inmutable, a cura di M. Corgnati), alla Galleria Mari di Imbersago (Lecco) ed alla Galleria Sansoni di Pavia; ha partecipato inoltre ad ArteFiera di Bologna e a MiArt, a Milano, con la Galleria Spirale Arte. Sue opere sono conservate nei musei di Girona, Barcellona, Praga, Instanbul e Logroño.
   


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